Dall’antica Grecia alla mia tesi di laurea, una lista della spesa ha fatto un lungo viaggio per confermarmi ancora una volta come ogni testo riveli qualcosa della mente umana. Dalla sezione Formazione
L’articolo di Arianna Perna
Tra le domande più frequenti che mi hanno fatto, in quanto studentessa di Lettere (Classiche, oltretutto), è stata: “Ma quindi Dante è mai uscito con Beatrice?” Oppure: “Ah, studi anche come facevano la lista della spesa degli antichi greci?”. Quesiti a cui rispondevo con immense ed approfondite riflessioni, per disincentivare il curioso interlocutore dal farmi ulteriori domande che non gli avrebbero di certo dato altro vanto. Quel che invece io mi chiedevo, quasi incredula, era se davvero, agli occhi esterni, tutto ciò potesse essere visto in modo così riduttivo.
La verità è che, in effetti, una lista della spesa dell’antica Grecia io l’ho studiata davvero. E da essa non solo è emerso il fatto che avessero dei gusti (davvero) poco raffinati, ma rivelava minuscoli altri dettagli che mettono in luce la complessità di una mente umana a volte molto simile alla nostra: una mente che viaggia veloce perché immersa in un mondo veloce (quante abbreviazioni e quanti errori c’erano in quell’elenco!), le preoccupazioni di un uomo che annota ciò che deve rendere al suo vicino, disegni e piccoli scarabocchi che rivelano il bisogno umano di perdersi, ogni tanto, tra un calcolo e l’altro.
E perché il giovane autore di questo reperto aveva posto piccoli disegni proprio in una certa parte del foglio e non altrove? L’abbiamo capito solo dopo aver sottoposto la – ormai nostra – lista della spesa ad un’analisi condotta con uno strumento in grado di seguire e registrare lo sguardo umano sulla pagina; il nostro cervello, indipendentemente da noi, dirotta lo sguardo su determinati punti del foglio piuttosto che su altri e questo le moderne pubblicità lo sanno bene. L’elenco, inoltre, si apriva con un oggetto da rendere ad un generoso conoscente, perché onorare la parola data è (era?) sacro.
Cosa fare di tutto questo?
Essere uno studente di lettere non vuole soltanto dire studiare gli errori di trascrittura di manoscritti medievali o chiedersi il perché della scomparsa di una lettera nei dialetti greci dell’età arcaica: significa farsi delle domande sulla nostra natura, interrogarsi su chi siamo, capire come funziona il nostro pensiero e come lo riportiamo a parole, nel mondo. E quando, nel mio lavoro di tutti i giorni, mi ritrovo a dovermi confrontare con giovani a cui insegnare le regole della nostra lingua o la storia del nostro Paese, tengo a mente ciò che ho appreso dallo studio del linguaggio umano e cerco di applicarlo, affinché le nostre menti e i nostri insegnamenti siano un po’ meno distanti.
Uno speciale ringraziamento va al nostro Anonimo autore, che, in barba a tutte quelle liste della spesa puntualmente dimenticate sui tavoli, ci ha permesso di assaporare un pezzettino in più di umanità!


Arianna Perna
Sono una studentessa laureata in Lettere Classiche e laureanda in Linguistica presso l’Università La Sapienza di Roma. La mia indole è silenziosa e ritengo che le parole siano lo strumento più importante di cui disponiamo. Sono curiosa di umanità e ritengo che il miglior modo per conoscere le persone sia ascoltare.