trekking creativo

Chi avrebbe mai detto che per diventare scrittrice la nostra autrice si sarebbe trovata ad alzarsi dalla sua confortevole scrivania per scalare una montagna? Lei no di certo. Direttamente dalla Scuola Holden, Martina ci racconta una “gita scolastica” fuori dall’ordinario.

L’articolo di Martina Russo

Prima di dire qualsiasi altra cosa, ci tengo a sottolineare il fatto che io, a Lettere, ci sono finita perché mi piace leggere e perché vorrei diventare scrittrice. Detto in altre parole: vorrei trovare una bella scrivania, mettere lì le radici e marcirci.
Onestamente pensavo questo mio desiderio fosse sufficientemente realistico (la ricerca di un secondo impiego per mantenermi era contemplata, ma, ecco, sempre in zona scrivania) e invece sembra io mi sia sbagliata, perché anche per scrivere talvolta è richiesto un movimento. Non parlo del movimento del braccio, né della corsa di Murakami, quanto più… Di una scalata in montagna?

Mille e una notte

Durante il primo lockdown ho sostenuto il test d’ingresso per la Scuola Holden e tra il 2020 e il 2021 ho frequentato il percorso Crazy Original, della durata di un anno soltanto, in cui i classici college erano aboliti, permettendo a noi studenti di studiare di tutto e un po’. Per rendere il tutto più “speciale”, è stato organizzato una specie di hackathon, in cui abbiamo passato gli ultimi due giorni a scuola, notte inclusa, per elaborare un progetto che poi avremmo presentato. In palio, per i primi tre classificati, ci sarebbe stato qualcosa. Bello.
Ora, non farò un resoconto di quanto è successo perché stavo dormendo in piedi e non ho i ricordi chiarissimi, ma la mia classe si è classificata al primo posto. Molto bello.
Abbiamo vinto un fine settimana in montagna, ospiti nella baita di uno scrittore. Molto, molto bello.
Solo che io pensavo si trattasse di un fine settimana tranquillo, passato a scrivere all’aperto e discutere del più e del meno. E invece no.

Senza mai arrivare in cima

Nelle settimane precedenti alla partenza erano giunte svariate comunicazioni, una delle quali conteneva un elenco di oggetti utili, tra cui delle scarpe da camminata. Con il senno di poi, già in quel momento sarebbe dovuto scattare un campanello, una sirena, un qualsiasi cosa d’allarme. Ma tant’è, io sono abituata a camminare. Più o meno.

Arriva il giorno fatidico. Il viaggio in pullman è stato piacevole e il pranzo preparato dalla moglie dello scrittore poteva sfamare ben più di dodici bocche. Fino a quel momento tutto sembrava procedere per il meglio, ma mi è bastato sentire «oggi pomeriggio faremo la camminata, andremo a comprare del formaggio e per farlo dovremo risalire la montagna» (o una cosa del genere) per sentirmi crollare il mondo addosso.

Va bene, ho detto che so camminare, ma la salita massima che riesco a fare è quella che divide la stazione di Bergamo all’Università in Città Alta, e senza andare particolarmente veloce. Questa camminata era invece ripida, ed era necessario procedere a passo spedito. Aspetti positivi: il panorama non era affatto male. Aspetti negativi: tutto il resto. No, non sto scherzando. Più di una volta ho posato male il piede e per un secondo mi sono trovata a pensare «Fantastico! Ci manca solo che cada», o sentivo sensazioni fastidiose a gambe e petto.

Però ce l’abbiamo fatta.

Un giorno questo dolore ti sarà utile

Se questo fosse un racconto e concludessi così il tutto, sarebbe un pessimo racconto, nonché un pessimo ricordo per le mie povere gambe. Fortunatamente, non è il caso.
Il giorno successivo, subito dopo la colazione, ci siamo ritrovati in una sala a parlare di scrittura, e alla fine della lezione dovevamo sviluppare un racconto breve, incentrato sulla storia di una dichiarazione d’amore. Dove? In un paese accessibile solo tramite una camminata in montagna, simile a quella del giorno precedente.

È stato interessante notare come, nei racconti, emergessero le sensazioni che ognuno di noi aveva avuto il giorno precedente, quasi a ribadire che la scrittura non è un lavoro di totale finzione, ma si basa anche sulle esperienze di vita dei singoli autori.
E, nel mio caso, l’esperienza diceva che le gambe in questi casi fanno male. Tanto.

Martina Russo

Mi piace leggere, ma solo narrativa non di genere. Mi piacciono il rosa e le cose carine, ma nella maggior parte dei casi sono vestita di nero. E mi piace scrivere, ma la mia biografia è una grandissima eccezione, quindi do informazioni a caso.

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