tornei di scacchi

Se invece di raccontare i tornei di scacchi con una serie Netflix provassimo a guardare al mondo degli umanisti? Questa è la storia di un giocatore del sabato o meglio della domenica, che vuole provare ad introdurvi al mondo dei tornei per professionisti, come sono veramente.

L’articolo di Tommaso Fuochi

Questo di sette è il piú gradito giorno,
pien di speme e di gioia:
diman tristezza e noia
recheran l’ore, ed al travaglio usato
ciascuno in suo pensier farà ritorno

Spesso mi sono trovato d’accordo con Leopardi: all’interno di una settimana ordinaria, la mia domenica ha da sempre rappresentato quel giorno in cui fare sera senza annoiarsi è una sfida persa in partenza.

Si tratta di una giornata vacua: ci si sveglia tardi, si ciondola per casa perché “la domenica deve essere domenica”, ci si riempie la pancia in maniera smodata e nel tardo pomeriggio si fa aperitivo parlando del più e del meno. Alla fine il risultato è sempre lo stesso: si arriva a sera col pensiero di aver gettato alle ortiche il proprio tempo e di non essersi presi veramente una tregua dalla routine.
Fortunatamente ci sono anche quelle domeniche che esulano dalla normalità, in cui mi sveglio presto con un obiettivo: abbandonare il torpore di casa e partecipare a uno dei possibili tornei di scacchi.

Sì, gli scacchi. Ben prima diventassero i protagonisti di una serie Netflix e uno sport da click baiting, ben prima che le scacchiere fossero il bene più venduto su Amazon e le piattaforme di gioco online fossero prese d’assalto. Se anche voi siete stati rapiti dal ticchettio degli orologi e dai movimenti veloci di Elisabeth Harmon ne “La regina di scacchi” sono qui per raccontarvi come è un torneo nella realtà.

Alfieri mattutini

Eccoci alla sede di gioco: a volte un circolo scacchi, a volte un ristorante, un palazzetto dello sport, una scuola elementare, un centro sociale, un hotel… Cominciano a vedersi facce note e ci si scambiano i classici convenevoli: saluti, strette di mano e, alle volte, sorrisi finti come una banconota da 30 euro. Prima dell’inizio del torneo ci si riscalda con un amico giocando qualche partita lampo (5 minuti a testa), con immancabile sottofondo di trash talking.

Sono le 10 e l’arbitro stampa gli abbinamenti del primo turno: spegnete i cellulari e tirate fuori gli artigli, perché adesso si fa sul serio. Il torneo si svolge sulla lunghezza di 9 partite, 4 alla mattina e 5 al pomeriggio; risulterà vincitore chi alla fine delle nove partite avrà totalizzato più punti (1 per ogni vittoria, mezzo per ogni pareggio, 0 per ogni sconfitta). Ogni giocatore ha 15 minuti a testa per tutta la partita; se esaurirà il tempo senza “aver dato scacco matto” – letteralmente, dal persiano antico, “uccidere il re” – perderà.

Pedoni in pausa pranzo

Alle 12.30 si va a pranzo, sfruttando il momento conviviale per parlare con qualche amico degli argomenti più svariati e aggiornarsi – a cadenza semestrale o giù di lì – riguardo alle rispettive vite.
Superato il giro di boa del torneo, i giocatori siedono alle scacchiere nel primo pomeriggio, per disputare le ultime 5 partite: cominciano in questa fase gli scontri tra i big e il torneo si fa sempre più interessante. Spesso, un’occhiata alla classifica provvisoria è sufficiente per capire a quale risultato puntare per aggiudicarsi un premio in denaro. A volte per ricevere l’agognata busta si è in situazione di must win: o si vince o si torna a casa a mani vuote.

Proprio in questo frangente, lo scacchista esterna tutta la propria cattiveria agonistica, avvalendosi alle volte di espedienti poco conformi al fair play: diciamocelo, cos’è il pudore in confronto a poche decine di euro? Specie quando il montepremi è sostanzioso, l’ultimo turno è un continuo andirivieni tra i tavoli degli arbitri, intenti a dirimere le innumerevoli controversie tra i giocatori.

Gli inganni della torre

Quando a entrambi i contendenti manca meno di un minuto sull’orologio, il fine giustifica sempre e comunque i mezzi e lo spettacolo è garantito: chi fa cadere i pezzi apposta per far perdere tempo all’avversario; chi tiene premuto il proprio orologio affinché il tempo dell’avversario continui a scorrere; chi disturba mediante strategie sempre nuove.

Finisce l’ultima partita del torneo: in pochi minuti la tensione svanisce e si torna tutti amici come prima, onorando il motto della Federazione Internazionale: “Gens una Sumus – Siamo un unico popolo”. A questo punto, se si pensa di aver possibilità di andare a premio si attende la classifica e la premiazione, poi tanti saluti e tutti a casa: domani è lunedì e si torna al travaglio usato. Ci vedremo ad uno dei prossimi tornei di scacchi.

Scacco matto della domenica

Qualche volta ricordo di essere tornato a casa inviperito per non essere andato a premio a causa di una scorrettezza subita e di aver smaltito l’arrabbiatura dopo qualche giorno; vuoi mettere però questo con lo stare davanti al computer a rimbecillirsi finché non scende la sera?
Gli scacchi, in fondo, sono questo: un’accozzaglia di luoghi e persone interessanti, accomunati dalla stessa passione per le sessantaquattro caselle ed entusiaste di condividere la giornata con individui affini. I tornei di scacchi permettono all’appassionato di uscire dal torpore della quotidianità per vedere posti nuovi e conoscere nuova gente, proveniente dai contesti più disparati: comunque vada, sarà un successo.

Le Faremo Sapere Tommaso Fuochi

Tommaso Fuochi

26 anni anagrafici; 17 fisici; 80 mentali. Laureato in lettere, laureato magistrale in giornalismo; alla ricerca di maniere per valorizzare i suoi pezzi di carta. Giocatore e allenatore di scacchi da oltre un decennio, maldestro e autoironico. Allieta i suoi interlocutori con cocktail di trash dal sapore marcatamente imolese. Ha creato il blog Fires On Board ed è disponibile per lezioni di scacchi a questa pagina

I Laureati
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