Finita l’università, siamo davvero pronti a realizzare il nostro sogno di diventare insegnanti? MAD, FIT, UDA, GPS: forse mancava un corso L2 di birmano sul piano di studi. Questa è la storia di una formazione che non vi racconterà nessun manuale, solo la nostra Laureata.

L’articolo di Michela Casadio

Cooperative Learning

Ho sempre fatto parte di quel gruppetto di illusi che a Lettere sapeva già che lavoro voleva fare da grande. Perciò, qualche settimana dopo la laurea (e sono stata generosa con me stessa, il baratro della nullafacenza si apriva vorace sotto i piedi scalzi), continuando a illudermi, decido di arrabattarmi per trovare il bandolo della matassa nel mondo dell’insegnamento.

Scopro da quella santa donna di mia madre che ora, nella scuola del futuro, esistono le MAD. Mai Amato Dante? Madagascar, Arrivo Domani? Signornò. Semplicemente Messa A Disposizione (che poi, messa dove? sicuro i colleghi lo sanno). Un metodo assai confusionario per proporsi come supplenti temporanei.

Così, il nemico giurato di ogni letterato inizia a prendere forma in file pdf: la burocrazia. L’unica soluzione per aggirarla è cercare di fare squadra con altri tre o quattro ex compagni per capirci qualcosa. Ci si assegna un ruolo (raccoglitore e-mail scolastiche, investigatore di province più sfornite,…) e si parte all’avventura.

Inviamo collegialmente mail, veniamo chiamati per qualche settimana in scuole sparse nella regione, ci sentiamo pronti.

Sprial Approach

E dopo la lenta compilazione di un file Excel (autoproclamazione di una laurea ad honorem in ingegneria gestionale, con tanto di festa su Teams) in cui sono tabulate le scuole per provincia, ordine e grado incrociate con classi di concorso e crediti necessari, un bel giorno d’estate il telegiornale passa una notizia: riaprono le graduatorie.

Le emozioni riecheggiano contrastanti nel cervello di un classicista: lasciare il vecchio per il nuovo, un disastro; più organizzazione lavorativa, un successo. I Potenti decidono di prenderci ancora più per i fondelli e appioppare un’ulteriore sigla a questo burocratico mondo: GPS (non bastava il navigatore satellitare?), Graduatorie Provinciali Supplenze. Dimentichi tutto quello che sai sulle MAD.

Progressione a spirale verso il baratro: procedure amministrative affrontate nuovamente a coppie, unico modo per uscirne vivi e per sentirsi minimamente pronti.

Lezione frontale

Ora siamo pronti per impartire corsi di formazione su come decifrare l’Allegato C del MIUR o su quali escamotage servano per aumentare di 0,25 il proprio punteggio in graduatoria.

Riceviamo audio più lunghi di Bohemian Rhapsody (ma con gli stessi gridolini) dai nostri amici dottorandi o SMS da chi lavora già da numerosi anni perché il posto fisso zaloniano è sempre accattivante. Rispondiamo con solerzia, potremmo ricevere anche una telefonata da Mattarella in persona, saremmo pronti.

Poi un giorno verso fine settembre arriva quella chiamata tanto attesa: “è stata convocata presso la tal scuola secondaria di primo grado per tot ore fino al dì, giorno libero martedì, accetta?” “Certamente”.
No, non eravamo davvero pronti.

Classe capovolta

Immediatamente il giorno successivo si viene lanciati in classe. L’entrata in scena non è coerente con il personaggio che poi saremmo diventati, ma si fa quel che si può. Insegnare è un’arte sottile, non si smette mai di imparare. Ci si barcamena tra il voler essere i professori preferiti e il farsi rispettare, tra il non perdere la voce e l’essere autoritari, tra il proporre attività creative e consolidare un valido metodo di studio.

Dopo qualche settimana, reduci da immersioni nel burrascoso mare della didattica, militando in Sala Insegnanti ci si inizia a insospettire: “Hai programmato l’UDA per l’educazione civica?” “Sì, tanto ho già stilato il PDP sia per i DSA che per i BES.”

Rifletti. All’interno del FIT per l’abilitazione all’insegnamento mi sono forse persa un corso L2 di birmano? No, è ovviamente la solita vecchia burocrazia che ingolfa e monopolizza anche i corridoi. Di nuovo, non bastavano MAD e GPS? Il panico inizia a farsi strada, finché non si socializza con qualche senatore della scuola, pronto a dare dritte e a fungere da mentore. Si oscilla tra entusiasmo e disperazione, fino a che non si scopre di essere anche coordinatore di classe, ma questa è un’altra storia (to be continued… peggio per voi!).

“Prof, lei rimane anche l’anno prossimo vero?”
Non eravamo per niente pronti, ma sì, ne valeva la pena.

Michela Casadio

26 anni, ma la nonna materna gliene dà ancora 25. Laureata in Lettere, disorganizzata, polemica, ma ha anche dei difetti. Insegnante in erba, chiromante mancata, aspirante testatrice di materassi. Ama impunemente il tricolon.

© Illustrazione originale della nostra mitica Matilde Patuelli, autrice delle immagini di Le Faremo Sapere, nonché splendida e generosa amica comune.

Michela Casadio
Michela Casadio
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