insegnare italiano agli italiani

La fortuna della scuola, oggi come ieri, sta negli insegnanti che decidono di dedicarle corpo e anima, convinti che essa sia il luogo dove ogni svantaggio culturale possa – e debba – essere recuperato o almeno attenuato. Insegnare italiano agli italiani, ieri come oggi, è il primo passo per costruire una vera competenza linguistica, propedeutica a tutto ciò che serve nella vita sociale.

L’articolo di Ferdinanda Cremascoli

Nel 1973, quando ancora studiavo all’Università, mi fu data una supplenza in una scuola professionale come insegnante di “Cultura generale italiana”. Erano tutte ragazze poco più giovani di me. Ma l’ambiente era completamente nuovo per me. Dopotutto ero un ex allieva del Liceo Classico, studiavo Lettere Classiche, vestivo un tailleur classico e, naturalmente, mi aspettava un marito classico.

Grande fu lo spaesamento, ma più forte fu l’impressione che mi fece Lettera a una professoressa di Lorenzo Milani, che proprio allora leggevo. L’idea del successo scolastico, l’attenzione a tutti gli alunni è strettamente connessa allo spirito democratico, che costituì l’imprinting del mio essere insegnante.

Italiani non italiani

Oggi so che affrontammo un problema epocale. Furono anni di esperienze mai fatte prima. La scuola di massa ci mise di fronte ad allievi non italiani madrelingua, non perché stranieri, ma perché, diceva Tullio De Mauro con la sua équipe di ricercatori, la metà degli Italiani non era ancora di madrelingua italiana. E non stiamo parlando solo del Sud: le mie esperienze personali sono lombarde e il fenomeno era visibile.

Di qui maturava una nuova visione di cosa fosse l’insegnamento di “italiano”. Occorreva  lasciare la via vecchia per una nuova. La via vecchia era quella dell’insegnamento di italiano, come insegnamento della letteratura, fondato sul canone, peraltro glorioso, di autori ed opere selezionato in età risorgimentale ed integrato con le rivisitazioni dei successivi settanta, ottant’anni, ma sostanzialmente inalterato pur nella diversità dei paradigmi interpretativi (crociani, marxisti, strutturalisti, psicanalisti…). Non entrerò nel merito, perché ci porterebbe lontano, della crisi nella ricerca universitaria in “Storia della Letteratura Italiana”, che ovviamente ebbe conseguenze pesanti sull’insegnamento medio.

Un sistema da rinnovare

Insisterò invece sulla convinzione che fosse necessario rinnovare dalle fondamenta il nostro insegnamento. Una persuasione che maturò nell’incontro e nel confronto delle nostre esperienze grazie alle associazioni professionali di insegnanti, ancora attive, come il Giscel (Gruppo di Intervento e Studio nel Campo dell’Educazione Linguistica, il cui motto è “Educazione linguistica democratica”), il Lend (Lingua e Nuova Didattica) e il Cidi (Centro di Iniziativa Democratica degli Insegnanti). 

Era ora di imboccare la strada dell’ampia gamma di testi, scritti e detti e letti e ascoltati, in italiano in modo da costruire una vera competenza linguistica, propedeutica a tutto, a tutto quel che si studia in uno specifico ordine e grado di scuola, a tutto ciò che serve nella vita sociale. In quest’ambito i testi letterari sono uno, soltanto uno, dei tipi di testo che possono essere affrontati a livelli di complessità, diversi a seconda dell’età e del tipo di istituto degli alunni.

Essere padroni della propria lingua

Emergeva allora, ed è sempre di attualità, che lo scopo di un buon corso di italiano nella scuola di base (elementare, media inferiore, biennio superiore, dai sei ai sedici anni) è quello di educare italiani, anche se di origine straniera, padroni della propria lingua in tutti i suoi aspetti, testuali e pragmatici, a diversi livelli di complessità.

Sulla base di queste convinzioni cambiai tutto, e nei contenuti del programma del corso di italiano, e nella loro organizzazione didattica, e soprattutto nel mio modo di stare in classe: la lezione frontale fu ridimensionata in modo fortissimo. In classe non si fa prevalentemente lezione, in classe si fanno lavorare gli studenti. Se l’insegnante definisce che cosa sia un diario di viaggio, quali siano le sue caratteristiche testuali, l’alunno dovrà produrre un testo che le rispetti.

La rivoluzione

Non adottai più libri di testo, oggetto di studio essendo gli scritti più vari pubblicati da quotidiani, riviste, brani di saggi, testi letterari fuori diritti, acquisiti dalla rete o acquistati in edizioni tascabili, se ancora protetti da copyright. Io stessa cominciai a gestire un sito web dove si raccolgono e si propongono agli alunni, e alle alunne, i testi più vari: un’attività che va avanti ancora oggi, www.italianacontemporanea.org

Elaborai anche un possibile schema delle attività di recupero linguistico che mutuai dai modelli di insegnamento delle lingue straniere che giudicavo, e giudico tuttora, molto utili. Furono scelte corroborate alla fine degli anni Novanta dall’elaborazione a livello europeo del Quadro comune di riferimento per la conoscenza delle lingue (QCER).

Lo scopo fu sempre  quello di dare a tutti la possibilità di una vera preparazione di base. La convinzione di fondo, che al postutto ritengo ancora valida, è che la scuola è il luogo dove lo svantaggio culturale può – e deve – essere recuperato o almeno attenuato. Un processo che richiede una vera padronanza linguistica, come propedeutica a qualsiasi altro insegnamento.

Ferdinanda Cremascoli

Nata a Milano nel 1954 e laureata in Lettere. Ho insegnato e sono stata dirigente di licei italiani. Sono autrice di testi scolastici e saggi pubblicati da La Nuova Italia, Bollati Boringhieri e Laterza e altre case editrici. Attualmente amministro il sito www.italianacontemporanea.org, un’ampia raccolta di testi italiani contemporanei da leggere, ascoltare e scrivere. Collaboro con  DeltaScienceTutoring.com, un sito di divulgazione scientifica, dove tengo una rubrica mensile su testi letterari contemporanei, nella convinzione che arti e scienze sono strumenti umani di indagine del mondo.

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