Una linguista nel labirinto della logistica

Qualcuno dice che approntare una traduzione sia come percorrere un labirinto: si può trovare il filo e uscirne presto oppure rimanere incastrati alla ricerca di un indizio. All’uscita dalla facoltà di lingue straniere, la nostra Alice ha trovato però un altro labirinto da esplorare con le sue esperienze: quello della logistica.

L’articolo di Alice Minissale

Tutti noi abbiamo non dico per forza un sogno, ma anche solo una minima preferenza in fatto di lavoro. Con la Laurea in Lingue e Letterature Straniere l’ipotesi prospettata in fase di immatricolazione spaziava dal commercio estero all’insegnamento. 

A marzo 2015, poco dopo aver ricevuto la corona di alloro, le mie aspirazioni erano varie e confuse: sognavo di lavorare in libreria, in una caffetteria internazionale, di fatturare con il commercio estero o di occuparmi di spedizioni, risolvendo i mille casini legati ad air-cargo o container dispersi in mare.

Spinta da un’incontrollabile voglia di trovare finalmente un impiego ho deciso di candidarmi tramite LinkedIn alle mansioni più disparate, tanto per far girare il CV fresco e soprattutto iniziare a comparire nei motori di ricerca e nei database delle aziende. 

Sulla soglia del labirinto

Così è iniziata la mia carriera come impiegata: prima come amministrativa-facchina, poi come back-office commerciale estero. Ho avuto modo di imparare i rudimenti delle spedizioni (aeree, marittime o  camionistiche), di formulare offerte ai clienti e di tradurre dallo spagnolo all’italiano brochure  sull’importanza di impedire la steatosi epatica per salvaguardare la salute delle vacche. In questa realtà, a dire il vero, il contatto con l’estero era quotidiano, ma malvisto dalla mia responsabile: un giorno ho ricevuto il divieto (mancava solo la bolla papale ad accompagnare) di parlare altra lingua all’infuori dell’inglese. Solo il capo poteva parlare in spagnolo con i nostri fornitori. Spagnoli. 

Non sentendomi apprezzata, poliglotta incompresa, ho deciso di guardarmi intorno  finché ho trovato l’annuncio:cercasi ragazz* per impiego nel settore dei trasporti/logistico. Le mansioni sono relative all’inbound e outbound delle merci, gestione del rapporto con il cliente e supporto nella risoluzione di problemi e anomalie. Imperativa la conoscenza delle lingue”.  Era il posto giusto per me. Mi hanno accettata.

Nel Paese della Logistica

Breve illustrazione del Paese della Logistica, ad uso degli umanisti: in un mondo ideale, la merce arriva sui camion, viene verificato il documento di trasporto, gli operatori di magazzino scaricano gli scatoloni o i pallet e provvedono a posizionarli sugli scaffali a disposizione, avendo cura di registrare l’entrata merci con un barcode che invia i dettagli al sistema gestionale. Percorso più o meno inverso per la merce in uscita.

Nella logistica dove sono finita, nulla è come sembra o dovrebbe essere. Gli autisti dei vari fornitori si presentano agli orari più disparati bussando e intimando minacciosi di voler essere immediatamente liberati dal carico. Tra gli scaffali, l’incubo di ogni amante del decluttering: pallet rotti in mezzo alle corsie, scaffali mezzi vuoti e merce a terra, etichette e liste di prelievo, che dovrebbero essere diligentemente organizzate, sparse in mezzo ad altri fogli. E poi c’è chi osa lamentarsi del fatto che gli ordini non siano mai al 100% prelevati o che la merce venga confusa. Io quando purtroppo devo presenziare il magazzino, mi ritrovo a  vagare sconsolata con il terrore di veder spuntare il Minotauro di Creta nascosto chissà dove. 

Cappellai, lepri e Minotauri

In aggiunta, mille riunioni e “conf-call”, disperato tentativo di risollevare le sorti dell’azienda, strategicamente piazzate alle 16.45, poco prima della fine della giornata lavorativa. Non ho ancora capito perché mi ricordino tanto i tea party del Cappellaio Matto e della Lepre Marzolina. Vuoi per l’orario, vuoi per le baggianate che ne scaturiscono…

E quanto alle lingue obbligatorie? Beh le opportunità sono pressoché molteplici: si può scegliere se tentare prima in inglese-forse-poi-in-tedesco con gli autisti (che tanto capiscono solo russo o gesti e disegnini) oppure italiano in primis, disperatio e minacce in secundis, con gli addetti di magazzino che all’inizio sembrano capire gli incarichi, assegnati ma poi scompaiono e questi compiti tocca praticamente farseli da soli. 

Sospetto che il mancato ritorno sia dovuto al Minotauro, non alla poca voglia di lavorare.

Alice Minissale

Classe ‘91, Laureata (triennale ) in Lingue e Letterature Straniere ma con il vizio della lettura, scrittura e dei viaggi. Impiegata di un’azienda di trasporti e logistica  di giorno,  frequentante la magistrale in Lettere (indirizzo internazionale) di notte. Oggi la logistica, domani l’insegnamento (o il ricovero forzato dato dai troppi impegni!). 

I Laureati
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