Laurea in lettere: un fil rouge da sbrogliare Gabriele Gelmini

La vita è ciò che ti accade mentre sei tutto intento a fare altri piani, diceva qualcuno. Affrontare tutto questo con una laurea in lettere sulle spalle può aumentare esponenzialmente l’ansia da prestazione, ma può anche regalare grandi soddisfazioni. L’importante è non smettere di divertirsi.

L’articolo di Gabriele Gelmini

Premetto: non so come sia stato possibile uscirne vincitori.

Da quando frequentavo le scuole medie, a chi mi chiedeva “cosa farai da grande?” ho sempre risposto: l’attore. Il teatro era (è e sarà sempre) casa. Ma le cose non vanno sempre come vogliamo, e per quanto io ambissi le tavole del palcoscenico il destino – o un eccesso di seriosità, o una determinazione troppo labile – mi ha finora (non poniamo limiti alla Provvidenza) precluso la gioia di fregiarmi del titolo di guitto.

Spinto dalla confusione post maturità, mi iscrivo a Lingue. L’amore per la letteratura, unito a quell’eccesso di responsabilità di cui sopra, mi faceva pensare che aprirmi al contesto internazionale avrebbe comportato qualche chance in più. E invece precipito in un vortice che mi sbalza da Lingue a Psicologia, e dopo un anno di dubbi approdo a Lettere, Università di Milano. E qui è subito amore vero, di quelli che catturano il cuore e mandano in pappa il cervello.

Non sarò mai primo violino alla Scala…

Ora: avete presente quel senso di curiosità misto ad ansia per cui bisogna sperimentare tutto e non lasciare indietro nulla, pena svegliarsi nel cuore della notte a 35 anni e piangere disperato perché, chessò, non sarai mai primo violino alla Scala anche se sei un veterinario? Ecco, questo è stato il mio spirito guida per tutti gli anni dell’Università. E non dico sia stato un male, perché mi ha portato fino in Spagna per l’Erasmus e poi a Bologna per la magistrale, sempre in Lettere. E pure a fare altri provini teatrali, a collaborare con alcune testate on line, a sostenere l’esame per entrare in due scuole di giornalismo. Però forse lasciar fare al caso ogni tanto non sarebbe male. E quindi ho fatto così: dopo la magistrale, sono partito di nuovo per la Spagna con il Servizio volontario europeo, a lavorare presso una Ong.

Ma quell’antica vocina mi richiamava all’ordine, ed è così che una mattina del lontano marzo 2018 mi sono accorto di punto in bianco che si stava avvicinando una scadenza importante: un anno dal conseguimento della laurea. Non sarei stato più neolaureato: era l’ultima occasione per poter consultare qualche tirocinio post lauream prima che fosse troppo tardi. E navigando su un portale dedicato trovo un’offerta di stage in un quotidiano nazionale. Mi candido, sostengo il colloquio on line, risulto idoneo. Inizio a ottobre.

… ma sono diventato web editor

L’ambiente è giovane, dinamico, sono nel mio mondo – penso mentre familiarizzo coi colleghi e il mestiere di web editor (che manco esisteva, probabilmente, quando neanche dieci anni prima mi preoccupavo inutilmente del mio futuro da sicuro disoccupato). E così ricomincio la vita di qualche anno prima: figliol prodigo di ritorno all’ovile, riprendo a pendolare – sono di Novara – e per forza di cose a vivere, ormai adulto, in casa dei genitori. Quando la fortuna inizia a girare: trovo una casettina non troppo cara a Milano e uno dei miei responsabili, giusto qualche mese prima della fine del mio stage, si dimette. Subentro io, tempo determinato. Inizio il 19 agosto 2019, il giorno dopo cade il governo e quando le cose si ristabiliscono arriva, insieme al rinnovo del contratto, il malefico Coronavirus.

Indeterminatamente letterato

Parte la girandola: Milano è invivibile, scappo a Novara, continuo il lavoro da remoto e mi riabituo ai ritmi della vita in periferia, prima tanto odiata, ora più ambita che mai. Ed ecco che dopo un anno, alla scadenza del contratto, arriva la chiamata dalle risorse umane: l’azienda mi assume a tempo indeterminato.

Dunque, in conclusione. Lungi da me parlare dal pulpito o pubblicare un libretto delle istruzioni su come strappare un contratto a tutele crescenti. Però un consiglio agli umanisti wannabe che avrei voluto ricevere a vent’anni: fate quel che vi dà la voglia di alzarvi la mattina. Arriverà un momento in cui guarderete indietro e altro che fil rouge: sarà tutto pasticciato. Ma anche se nessuno ve lo dice, è così per tutti. Quindi tanto vale divertirsi, no?

Gabriele Gelmini

Ventinove primavere, laurea in Lettere, madrileno d’elezione. Insofferente alla vita di provincia, mi diletto tra viaggi, letture, ansia un tanto al chilo e il mio grande amore: le tavole del palcoscenico. Adoro l’estate al mare, i piani improvvisati e il tè coi biscotti a mezzanotte.

Foto copertina, credits: Computer portatile vettore creata da sentavio – it.freepik.com

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