Per noi umanisti affacciarsi al mondo del lavoro significa anche misurarsi con una realtà disagevole, di cui spesso ci costruiamo un’immagine farlocca e destinata ad essere, prima o poi, deflorata. Accade così che anche il racconto di una visita medica “scomoda”, possa funzionare da esempio per far maturare con consapevolezza le nostre mentalità umaniste.
L’articolo di Piero Cancemi.
A Bologna sono diventato un habitué della visita medica.
Negli ospedali e nelle varie cliniche della città ormai mi conoscono in tanti tra medici, infermieri, OSS, praticanti e tirocinanti.
Mi considero un ottimo paziente perché ho piena fiducia nella sanità emiliana nonostante provenga da un passato siciliano dove due operazioni alla colonna vertebrale mi avrebbero potuto far tentennare davanti all’universo medico.
Ma questo è un altro discorso per un’altra storia.
DAMS e Bologna: un classico che non stanca
Ero appena arrivato a Bologna; ero un giovane e promettente studente universitario; studiavo Ingegneria Aerospaziale, anzi no, studiavo Medicina Molecolare, anzi no, studiavo Fisica Quantistica: niente di tutto ciò, io studiavo al DAMS sezione Cinema.
Era bello?
Bellissimo!
Ti piaceva?
Tantissimo!
Hai trovato lavoro grazie al DAMS?
NO! Però ho imparato tante cose.
La prima volta non si scorda mai
Mentre ero uno studente universitario fuori sede, ho avuto incontri intimi ravvicinati casuali con l’altro sesso, causati dalla vita mondana bolognese (molto affollata come tutti ben sappiamo). Questo mi ha causato alcuni problemi di arrossamento nelle parti intime.
La ragazza con cui mi frequentavo in quel periodo mi consigliò: «Vai dall’urologo».
Le risposi: «Forse è meglio dal dermatologo».
Armandosi di uno sguardo imperativo, dalla sua bocca uscì una sola parola: u-r-o-l-o-g-o!
Mi recai per la prima volta all’Ospedale Sant’Orsola di Bologna non sapendo che fosse delle dimensioni di un quartiere cittadino, dove ogni singolo padiglione corrisponde a una specifica specializzazione. Solo dopo un’ora, girando per il “quartiere medico”, riuscii a trovare Urologia: dovetti attraversare i padiglioni di Pediatria, Ginecologia, Ortopedia e Neurologia per arrivarci – io che provenivo da un piccolo paese siciliano! – avendo così tutto il tempo per capire di essere capitato in una “grande” città.
Una volta giunto a Urologia accadde qualcosa che non dimenticherò tanto facilmente.
La realtà arriva da dietro
Bussai alla porta e subito uscii fuori il medico che, guardandomi con sufficienza, mi fece presente il ritardo e la sua attesa. Subito dopo, con tono deciso, ordinò di chiudere la porta. Una volta entrato non persi tempo ad azzardare un principio di spiegazione del mio problema, con grande timidezza e imbarazzo, fintanto che lui, con un’unica frase, mi gelò:
«Cali le braghe».
«Come?».
«Abbassi i pantaloni».
«Certo!» risposi prima di restare in mutande.
«Faccia vedere».
Tirai giù le mutande e mostrai il mio…membro.
Lui lo guardò e io mi fidai del medico, poi con il suo sguardo serio aggiunse: «Si volti».
Eseguii i suoi ordini.
Ma dopo accadde una cosa inaspettata: sentii il fruscio dei guanti in lattice tra le sue mani sapienti. Allungai allora lo sguardo e notai che lubrificava due dita (due!) e, senza preavviso, iniziò a controllare. Io immobile, piegato in avanti; lui serio. Io cercavo di capire quello che stava accadendo; lui provava a farmi restare tranquillo.
Al termine, sentii il rumore del guanto che veniva sfilato.
Lui mi parlava ma io non capivo niente di quello che diceva (avrei letto il referto successivamente). In quel momento avevo un unico pensiero: «sono stato deflorato!».
Realizzazione
Inconsciamente sapevo che prima o poi sarebbe arrivato quel giorno.
Non ho più sentito quel medico, non ho ricevuto nessuna chiamata, neanche un sms. Seppi solo che dovevo utilizzare una crema per qualche giorno e degli antistaminici. Non ho più avuto quel problema, non ho mai avuto un secondo incontro con quel medico.
Passarono diversi mesi, poi anni. Affrontai diversi esami universitari; con la ragazza che mi suggerì di andare dall’urologo non continuò; iniziai a stare più attento negli incontri occasionali che effettuavo e, fortunatamente, non ebbi più problemi tra le gambe.
Ho studiato e fatto lunghi aperitivi in centro: questo è il riassunto dei miei anni universitari umanistici bolognesi. Poi mi sono anche laureato e ho trovato lavoro, naturalmente non riferito ai miei studi. Laurea con lode, standing ovation, bacio accademico, pomiciata con il rettore, lacrime del relatore. Non è andata così: noi umanisti studiamo quanto basta e, nel tempo libero, facciamo l’amore, leggiamo quello che ci piace e pensiamo oltre l’ordinario sentire. Ci adattiamo a diversi lavori e puntiamo a realizzare i nostri sogni affrontando i vari imprevisti. Mica possiamo perdere tempo a memorizzare articoli della Costituzione.
La seconda visita e l’età adulta
A 31 anni è successo per la seconda volta: visita urologica. Questa volta per problemi apparentemente “emorroidei” (questa parola non esiste ma, essendo diventato Dottore in Discipline delle Arti, della Musica e dello Spettacolo, mi auto-concedo la licenza poetica ammiccando all’Accademia della Crusca).
Comunque vi anticipo che era solo causato dalla stipsi. Scusate lo spoiler.
Durante quella visita ero molto disinibito e meno imbarazzato. La sede, questa volta, era l’Ospedale Maggiore, una struttura maestosa facile da trovare ma in cui è difficile spostarsi all’interno nonostante le numerose indicazioni. Forse sono solo io che vivo in una bolla di sapone mentale, sono pigro e mi distraggo facilmente.
Quella volta il medico era molto simpatico, mi mise subito a mio agio e con gentilezza mi fece ricordare di alcune visite dello stesso settore che ho effettuato in passato (cioè solo una).
Era gentile, carino e con occhi verdi quasi fluorescenti, con un ciuffo ribelle che lo costringeva a spostarlo sulla sinistra mentre mi sorrideva. Mi suggerì di voltarmi e a bassa voce mi tranquillizzò. Io non ero agitato, lo ascoltavo tranquillamente e dopo qualche minuto ero piegato in avanti con il fondoschiena scoperto. Mi disse di aver terminato, poi mi suggerì di ricompormi e vestirmi. Io lo ascoltai e lo ringraziai, ci scambiammo i numeri di telefono. Mi scrisse dopo poco tempo che non c’erano grossi problemi e mi consigliò di prendere uno specifico lassativo ma, dato la poca gravità della questione, mi suggerì di adottare un’alimentazione semplicemente più equilibrata e ricca di frutta e fibre per favorire l’evacuazione.
Lo ringraziai più volte ma non lo rividi più.
La terza visita e la completa maturazione
Ora ho 51 anni, un cane, un gatto e una compagna. Non sono sposato perché ci tengo alla salute. Ho fatto tutti i vaccini previsti dal Servizio Sanitario Nazionale contro il Covid-19. Per il vaccino non è necessario avere un anello al dito. Fortunatamente non ho vissuto nessuna festa ipocrita in prima persona, ma ho vissuto solo gli inviti matrimoniali a cui ho partecipato goliardicamente. Vi svelo un segreto: tutte le spose erano vestite color bianco. Nei matrimoni la cosa più bella sono il cibo e le invitate, comprese le testimoni.
Ma dopo essere scampato al pericolo nuziale e data la mia età, è giunto il momento di affrontare una nuova visita urologica esclusivamente per motivi prostatici. Mi presento all’appuntamento fissato e mi trovo davanti a un giovane urologo che mi guarda, mi saluta e mi stringe la mano: una mano così morbida e curata, senza fede al dito, come me.
Ci sediamo uno di fronte all’altro, spiego il motivo della mia presenza e, senza batter ciglio, il medico si alza in piedi invitandomi a fare lo stesso e a voltarmi e piegarmi. Poi l’ho lasciato fare. Adesso sono solo un uomo che ha paura di soffrire di gravi patologie dell’apparato urogenitale e di sposarsi.


Piero Cancemi
Quando Piero Cancemi si iscrisse all’Università, il DAMS di Bologna, gli dissero: “Così non troverai mai lavoro!”
Ha infatti imparato a fare il tecnico informatico anche se la lettura e la voglia di scrivere lo appassionano da sempre. Ora lavora come informatico e ha scritto e pubblicato due libri di narrativa e decine di racconti inclusi in antologie letterarie. Si circonda di classici che prima o poi leggerà.