Indossare una maglietta blu a Festivaletteratura

Fare un’esperienza di volontariato significa molto di più che arricchire di una voce i nostri cv, soprattutto se la si fa Festivaletteratura, un riferimento in materia nel panorama italiano.

L’articolo di Eleonora Fioletti

La responsabile delle Risorse Umane ha il mio curriculum tra le mani e lo legge attentamente, gli occhi che scorrono a fare un veloce scansione delle informazioni in merito al mio ingresso nel caos del mondo del lavoro come neolaureata umanista.

«Ah, questo è interessante!» 

Vi posso assicurare che in quel momento sento il mio cuore mancare un battito: mai pensando ci potesse essere qualcosa di interessante nel mio cv ancora scarno. «Volontaria al Festival della Letteratura di Mantova, sicuramente ha tante cose da raccontarci, non è così?».

Non posso che sorridere: generalmente non sono una chiacchierona, ma su questa esperienza ho davvero tante avventure da raccontare.

Un Festival caleidoscopico

Da venticinque anni, Mantova accoglie uno dei festival culturali più importanti in Italia. Ospita autori da tutto il mondo e li fa incontrare con un pubblico appassionato, entusiasta e sempre numeroso. La cultura viene presentata in un caleidoscopio di forme e aspetti, con incontri di ogni genere e argomento. Tutta la città riflette dell’entusiasmo che Festivaletteratura propaga, investita di un’atmosfera vibrante e magica.

Tutto questo è frutto di un lavoro appassionato e meticoloso degli organizzatori, che nulla lasciano al caso, e del prezioso contributo di numerosi volontari che si occupano di ogni aspetto relativo alla galassia del Festival.

Diventare una maglietta blu

Sono diventata volontaria a Festivaletteratura di Mantova nel 2017; lo conoscevo già abbastanza bene perché ero stata spettatrice ad alcuni eventi dei miei autori preferiti, ma non avrei mai pensato di passare tra le fila delle magliette blu che animano la kermesse. La proposta arrivò da una compagna di università mentre aspettavamo di dare uno degli ultimi esami della triennale. Decisi di tentare la sorte, compilai la domanda e feci richiesta per la Redazione. All’inizio non ne parlai con nessuno, per scaramanzia e per non farmi illusioni, dato che il numero di richieste di aspiranti volontari cresce di anno in anno. Inaspettatamente, ad agosto arrivò la conferma: era tempo di indossare la maglietta blu!

Un po’ come andare in bicicletta

Il primo giorno di Festivaletteratura, dopo la registrazione, mi vennero dati due oggetti da costudire come tesori: il pass personale e le chiavi di una bicicletta. Il primo per entrare agli eventi, il secondo per poterci arrivare. All’inizio tutto mi sembrava surreale, incredibilmente bello nella sua frenesia: gli appuntamenti sono vari e numerosi durante il giorno e coinvolgono tutta la città.

La bicicletta, sostenibile e leggera, diventa una compagna di avventure preziosa per muoversi velocemente da una parte all’altra della città. Con il tempo, e con un senso dell’orientamento più affinato e consapevole dei ritmi del Festival, è diventata una metafora del mio percorso da volontaria. Impari a pedalare e a gustarti il tragitto, zigzagando tra la folla, tra le vie del centro con lo zaino in spalla, basta solo prendere il ritmo. Impari anche come fronteggiare gli imprevisti, come una catena da aggiustare: tutte soft skill da inserire nel cv.

Di luce e (giusta) prospettiva

I giorni di Festivaletteratura investono di una luce diversa la città di Mantova e spesso sono rimasta affascinata dal modo in cui io stessa mi sia ritrovata a guardare le cose in una prospettiva diversa. Nonostante non sia una fotografa professionista, ho sempre cercato di portare questo sguardo in ogni scatto. Non solo per fare delle belle fotografie dal punto di vista tecnico, cercando di sfruttare al meglio la luce (anche quando le condizioni non sono le migliori), ma per imparare a raccontare l’evento; un po’ di sano storytelling, come si dice ormai da tempo.

Se all’inizio pensavo di dovermi limitare all’apparizione dell’autore, con il tempo ho imparato che l’evento è anche tutto quello che ruota intorno ad esso. L’autore è interessante, ma poca cosa senza il suo pubblico di ascoltatori. Osservarli mentre attendono in coda o seduti aspettando l’inizio dell’incontro, le mani che sfogliano il programma o che applaudono, l’emozione di chiacchierare con l’autore durante il firmacopie.

La specie “autore”: come comportarsi

Il primo anno mi affidarono l’intervista ad uno dei miei scrittori preferiti, Daniel Pennac. Ricordo ancora l’agitazione e l’emozione prima di incontrarlo, la voce tremante mentre gli rivolgevo le domande. Dall’altra parte ricordo il suo sguardo penetrante, il suo sorrisetto mentre in francese parlava del suo rapporto fondamentale con i lettori e il mondo: un autore tesse le sue storie in rapporto con l’altro. Senza un pubblico, senza un lettore con cui parlare, che senso avrebbe scrivere?

Tendiamo spesso a mettere gli autori su un piedistallo, a vederli come irraggiungibili, circondati dalla loro aura dorata di sapere, baciati dalla Musa della Parola.

In questi anni, grazie a Festivaletteratura, ho avuto la possibilità di incontrare molti dei miei autori preferiti, di fotografarli e scambiare con loro qualche parola durante i firmacopie. Un poco alla volta mi sono resa conto che sono esseri umani: non mordono, anzi, amano molto parlare un po’ con la specie di lettori a cui si rivolgono.

La social catena di Leopardiana memoria

Uno degli aspetti che ogni anno mi spinge a rinnovare la candidatura e la voglia di tornare ad essere parte della squadra di Festivaletteratura è sicuramente il microcosmo dei volontari, che oramai per me significano casa. In questi anni ho stretto molte conoscenze con altri colleghi umanisti provenienti da tutta Italia, con la formazione più variegata, tutti legati dalle incognite sul proprio futuro, i propri desideri e le speranze.

Un po’ alla volta sono nate solide amicizie con cui condividere eventi, pasti, scrivanie e serate fuori dalla Redazione fino a notte tarda, conversazioni sulle proprie (dis)avventure da umanisti, riflessioni filosofica, incoraggiamenti a perseguire un sogno, ma anche spunti per progetti. Una fucina di idee creative dettate non solo dall’entusiasmo di una birra, ma anche da quel bisogno di tessere rapporti con altre persone capaci di ampliare il proprio orizzonte e aiutare a conoscersi meglio come persone.

Creare una catena sociale di leopardiana memoria, in cui non c’è la natura maligna da fronteggiare, ma tutti quei meccanismi che nella nostra società mettono i bastoni tra le ruote a noi poveri umanisti.

Volontariato, più che una voce sul cv

Alla fine sono i rapporti umani a fare di un’esperienza di volontariato qualcosa di più di una semplice voce sul curriculum per fare bella figura, a renderla una vera e propria avventura in cui mettersi alla prova, superare i propri limiti, apprendere degli strumenti utili per il proprio futuro e nel frattempo collezionare qualcosa da riguardare con un sorriso.

Com’è andata a finire con il colloquio di lavoro? Non sono stata presa. Con il senno di poi è stato un bene perché mi ha dato l’opportunità di riflettere sulle mie priorità e trovare un percorso in cui volessi davvero investire le mie forze e in cui far fruttare l’esperienza acquisita durante gli anni di volontariato in redazione.

Eleonora Fioletti

Classe ’93, la mattina prof. di Lettere, nel pomeriggio sparisce tra le pagine dei libri (per ora ci è riuscita solo con il naso e la testa). Due gatti come assistenti e il sogno di fare la divulgatrice storica di professione. Nel frattempo colleziona auricolari annodati, segnalibri improbabili, eterni esprit de l’escalier, citazioni nerd e disneyane da sfoderare in caso di necessità.

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