Come si manifesta il destino? Da Omero a Joyce si parla di divine epifanie o laiche illuminazioni. In questa storia invece prende la forma di corpi illuminanti e istruzioni tecniche, in una ringkomposition da manuale.
L’articolo di Elia Gaudenzi
Vi dirò: a volte il caso sa mostrare davvero una raffinata vena d’ironia. Ne applaudirebbe lo stesso Giovanni Della Casa dell’elegante contrappasso che ha dato avvio al mio percorso lavorativo di neolaureato in Lettere.
Ma facciamo un passo indietro.
Tutto inizia da un diploma da perito elettrotecnico ripudiato fino al midollo: con Ohm, Faraday-Neumann Lenz e Kirchoff non fu mai amore, ma una forzata coesistenza inquinata qua e là dalle prime illuminazioni letterarie. In un istituto tecnico, quante possibilità si hanno effettivamente di affascinarsi alle lettere? Poche, pochissime. Così, tra lo stupore generale, con la mia Professoressa di Letteratura commossa da un caso umano meno frequente del passaggio della cometa di Halley, totalmente impreparato al futuro mi iscrissi alla Facoltà di Lettere Moderne a Bologna.
Da Via Zamboni a Lugano
Sorvolerò su un’esperienza che il lettore medio del blog conosce fin troppo bene. Via Zamboni mi aveva convinto della mia nuova identità di pseudo intellettuale, avviando quel processo (comune a molti colleghi) di distorsione del reale, grazie al quale ho vissuto i miei anni di studio ben al riparo dalle complicazioni materiali del mondo.
Di lì a poco, cogliendo una bella occasione, mi trasferii in Svizzera per completare il percorso magistrale in Italianistica e al contempo fare esperienza di una realtà diversa e fuori dall’Italia. Sempre consapevole di voler però tornare.
Nuova casa, nuovi amici, nuova università: anche questi anni di specializzazione volarono via sotto il segno del solito, vecchio leitmotiv di umanisti appassionati di tutto e sempre più critici nei confronti del mondo così detto “normale”. Come negare che un bagaglio culturale tanto pesante non influisca sulla coscienza delle persone?
Tuttavia, è proprio mentre si solidifica il nostro orgoglio che iniziano a circolare con sempre maggior insistenza i germi del «che farai una volta laureato?» [ancora una volta, vi rimandiamo al nostro articolo manifesto].
Ed è proprio qui che, per me, è arrivato il bello.
Dopo poco più di un mese dall’alloro, quando i malumori della ricerca avevano già iniziato a scandire il tempo tra una domanda e l’altra, ecco che mi si offre l’occasione per svolgere un apprendistato. Back office tecnico commerciale in un’azienda (udite udite!) di illuminazione pubblica.
Si parla di un contratto che chissà per quale allineamento planetario non riporta in calce il titolo di tirocinio o stage non pagato, è un vero lavoro di ufficio, ma in un ambito lontano anni luce dai miei studi (e i miei interessi) e soprattutto nello stesso settore da cui ero fuggito.
Vuoi la fretta di avere una rendita, vuoi la pressione sociale, ma accettai subito con un’energica stretta di mano. Era un’opportunità che aveva il sapore di sfida.
Illuminazioni illuminotecniche
Fiondato così d’impeto tra gradi kelvin, lumen, candele, led e illuminazioni di diverso tipo, forma e funzione raccolsi tutto il mio orgoglio di letterato e mi misi a fare ciò che sappiamo meglio fare: studiare! Nulla di impossibile, anzi, ringraziando il metodo e la costanza che i vari esami di latino ci hanno lasciato in dono, tutto il nuovo universo illuminotecnico iniziò ad assumere senso.
Le mansioni a cui ero stato assegnato vertevano sulla registrazione nel software gestionale degli ordini/offerte e coordinamento dei rapporti tra clienti/agenti. Un ruolo sicuramente centrale per i meccanismi dell’impresa e, proprio per questo motivo, esposto al forte stress del dover rispondere ai problemi di tutti. Telefoni che squillano di continuo, informazioni da recuperare per dimenticanze altrui, ritardi da giustificare a terzi. E poi le scadenze: più severe e fiscali di un Professore di letteratura latina.
Ammetto con tutta onestà che non è stato semplice destreggiarsi in questo marasma, specialmente da apprendista costantemente affiancato che, al disorientamento iniziale, aggiunge pure il senso di zavorra percepito dalla velata insofferenza negli occhi dei colleghi più anziani. Ci si sente inadeguati. Bisogna stringere i denti ed essere catoniani.
Oltre l’orgoglio, una vera opportunità
Lo so, non è un fardello leggero da portarsi appresso anche perché il solito, vecchio orgoglio letterario non si risparmia di fare capolino ricordandoti quanto il tuo potenziale sarebbe da veicolare in altre direzioni a te più consone. Più facile a dirsi che a farsi, il mercato è quello che è, rimane comunque sempre il dubbio.
Ora scrolliamo però di dosso questa veste negativa e diamo a Cesare quel che è di Cesare: sono state numerose anche le note positive. Più esperienza, più conoscenze in diversi ambiti, più abilità o skills richieste da questo infausto mondo lavorativo. Non è poco.
Dopo appena tre mesi comunque, per cause di forza maggiore, l’esperienza è terminata ed io sono nuovamente tornato ad accomodarmi nel girone dei disoccupati. Non se ne faccia un dramma, sono solo agli albori della vita professionale e quest’ultimo lavoro mi ha lasciato tanti spunti da cui ripartire. Con più energia e consapevolezza.
Volevo fare l’umanista e lo voglio ancora, se si riesce, altrimenti si intraprenderanno strade alternative. Non è semplice snaturarsi ma ad una certa diventa necessità e, a casa, ad aspettarci, ci saranno sempre i nostri amati autori a farci compagnia. In attesa di nuove illuminazioni.


Elia Gaudenzi
Elia, 26 anni, due lauree in Lettere divise tra Bologna e Lugano e una grande passione per la montagna. Sisifeo convinto, affido la mia esistenza all’ironia.
Photo credit: Goody Boy Lamp di Whatshisname